Mantenimento figli maggiorenni: il genitore può decidere di tenere il figlio in casa invece che versare il mantenimento
Fatti di causa avanti il Tribunale di Torino
Nell'aprile del 2020 un ragazzo ventiduenne, studente universitario che viveva da solo, avviava un procedimento nei confronti della di lui madre con il quale chiedeva al Tribunale di Torino di condannare la signora a corrispondergli un contributo al mantenimento. Con sentenza emessa nel 2023 il Tribunale, accogliendo integralmente la domanda del ragazzo, condannava la madre a corrispondere al figlio a titolo di contributo al mantenimento l'assegno mensile di € 900,00 oltre al 50% delle spese straordinarie. Lo stesso Tribunale confermava inoltre, l'onere in capo al padre del ragazzo di continuare a versare a quest'ultimo l'importo di€ 1.082,00 a titolo di contributo al di lui mantenimento oltre al restante 50% delle spese straordinarie.
Fatti di causa avanti la Corte d'Appello di Torino
Avverso la decisione di primo grado la signora proponeva immediatamente appello avanti la Corte d'Appello di Torino che, respinte le eccezioni preliminari, in parziale accoglimento dell'impugnazione, disponeva la revoca della condanna della madre a corrispondere al figlio l'importo mensile a titolo di contributo al mantenimento, confermando invece, il solo obbligo della stessa a corrispondere al figlio il 50% delle spese straordinarie. Secondo i giudici di secondo grado, tenuto conto che l'obbligazione alimentare assume aspetti di obbligazione alternativa per cui sussiste la possibilità dell'obbligato di scegliere tra la corresponsione di un assegno e l'accoglimento della persona nella propria casa, il figlio non poteva richiedere alla madre il contributo al mantenimento perché la signora non aveva avvallato la scelta del figlio di abbandonare la casa familiare materna per andare a vivere da solo. La Corte d'Appello affermava inoltre, che non poteva essere imposto alla madre l'onere di contribuire al mantenimento del figlio visto che quest'ultimo già riceveva dal padre un importante contributo mensile oltre all'integrale pagamento delle spese straordinarie.
Il procedimento avanti la Corte di Cassazione
Avverso la decisione di secondo grado il ragazzo proponeva ricorso in Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ove la Corte territoriale aveva affermato che l'assegno di mantenimento richiesto avesse esclusivamente natura alimentare e che visto che la madre, aveva proposto al figlio una modalità differente per porre rimedio al suo stato di bisogno, il ragazzo non poteva vantare il diritto all'assegno. Secondo infatti, il ricorrente il contributo al mantenimento del figlio maggiorenne era diverso dall'assegno alimentare per natura e presupposti. Con il secondo motivo il ragazzo lamentava una violazione di legge per avere la Corte territoriale ritenuto che la contribuzione al mantenimento del figlio da parte del padre fosse sufficiente senza tenere in considerazione che, per legge, entrambi i genitori devono contribuire al mantenimento dei figli secondo il criterio di proporzionalità e del tenore di vita dagli stessi goduto durante la convivenza con i genitori.
Letto il ricorso, gli Ermellini ne dichiaravano la fondatezza. La Corte di Cassazione infatti, riprendendo l'ormai consolidata giurisprudenza in punto contributo al mantenimento dei figli, ricorda che l'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne e non economicamente autosufficiente è differente, per finalità e presupposti, dall'obbligo alimentare e per tale motivo al primo non può essere applicata la disciplina prevista per l'adempimento dell'obbligazione alimentare. Conseguentemente pertanto, il genitore obbligato a mantenere il figlio non può scegliere unilateralmente di adempiere all'obbligo mediante accoglimento in casa del figlio, costituendo quest'ultimo fatto, semmai, un elemento da valutare ai fini della quantificazione della quantificazione dell'assegno.
In merito poi alla determinazione dell'ammontare dell'assegno gli Ermellini, ricordando il principio di legge secondo cui entrambi i genitori devono contribuire al mantenimento dei figli proporzionalmente alle proprie sostanze, evidenziava come la Corte territoriale si fosse limitata a dare rilievo al fatto che il padre già corrispondeva un contributo al mantenimento per il figlio senza effettuare alcuna valutazione comparata dei redditi dei genitori e senza tenere in considerazione il tenore di vita del ragazzo durante la convivenza con i genitori.
Precisato quanto sopra, la Corte di cassazione, in accoglimento al ricorso presentato dal ragazzo, esprimeva due principi di diritto.
Con il primo, come già sopra anticipato, evidenziava l'impossibilità di applicare all'obbligo di mantenere i figli la disciplina relativa all'adempimento delle obbligazioni alimentari, con la conseguenza che la decisione di accogliere e mantenere il figlio in casa non può integrare una modalità alternativa di adempimento dell'obbligazione che può scegliere unilateralmente il genitore obbligato. Con il secondo spiegava che ai fini della determinazione del contributo al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, deve tenersi conto delle condizioni di vita del figlio durante la convivenza dei genitori e deve osservarsi il principio di proporzionalità, che, nei rapporti interni tra i genitori, richiede una valutazione comparata delle consistenze di entrambi.
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